sabato 2 gennaio 2010

Lorenzo


Giorni fa sono rimasta a dormire a casa di un'amica.
Al risveglio mi ha rivelato di avermi sentito parlare nel sonno, farfugliavo, ma è sicura di avere udito nitidamente la frase “parla di se stesso con se stesso”.

Stavo sognando Lorenzo, anzi ad essere più precisi stavo intrattenendo una persona raccontando la storia di lui.
Lorenzo viene (veniva?) da una famiglia piuttosto benestante, originaria della maremma. Era il classico figlio viziato e abbandonato, quand'era piccolo, poi è diventato totalmente sconsiderato. Si dice di lui che una volta abbia rubato la macchina in dotazione all'ospedale nel quale era ricoverato e che mezzo intontito dal tavor si sia schiantato contro un pino mentre tentava di tornare a casa.
Fumava tantissimo, era capace di formulare la frase “dammi 'na cicca” per cinquanta volte di seguito nell'arco di un minuto, finché stremato non ti arrendevi. Subito dopo seguivano le ramanzine degli infermieri che ti ripetevano in continuazione che le sigarette erano razionate, che doveva imparare a controllarsi.
Come fai a controllare uno così?
Lorenzo è (era) schizofrenico e paranoico. Un connubio perfetto. A suo modo sapeva essere molto persuasivo, si vedeva che aveva fatto la bella vita, che era istruito a differenza degli altri ospiti della casa famiglia dove vive. Poi era divertente sentirlo parlare in terza persona, “Lorenzo vuole la sigaretta!”, “Lorenzo c'ha una casa al mare da trecento milioni”, “Lorenzo è ricco”.
Parlava di se stesso con se stesso.

Me lo ricordo, quando ero piccola che lo portavano giù al bar del paese, con quei jeans strettissimi da togliere il respiro, i capelli scompigliati, la giacca di pelle lacera, lo stetoscopio al collo e una valigetta da chirurgo.
Nella mia testa l'ho sempre associato al punk, come uno dei Ramones scansato ai limiti della strada.